Diritti estesi parti comuni
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La Cassazione civile interviene spesso per definire i limiti entro i quali un singolo condòmino può appropriarsi o comunque utilizzare una parte comune dello stabile.
In particolare, con sentenza 40/2015 la suprema Corte si è occupata di un caso nel quale un singolo condòmino aveva incorporato arbitrariamente alla sua unità abitativa una parte del volume scala, trasformando la comune porta di ingresso al terrazzo in porta finestra collegata direttamente al proprio appartamento. Nel caso di specie i giudici di merito e la Cassazione avevano giudicato illegittima l’occupazione abusiva sul presupposto che un singolo condòminio non possa operare sulle parti comuni privando di fatto gli altri condomini di identica possibilità di utilizzo.
Di tale principio, più volte richiamato, la Cassazione ha dato una definizione ben precisa con la sentenza 26737/2008: «L’art. 1102 c.c. vieta al singolo partecipante di attrarre la cosa comune nell’orbita della propria disponibilità mediante un uso particolare e l’occupazione totale e stabile e di sottrarlo in tal modo alle possibilità attuali e future di godimento degli altri contitolari, estendendosi il diritto di ciascuno nei limiti della quota su tutta la cosa».
A questo punto è utile Se ne possono ricordare alcune applicazioni pratiche di questo principio e la relativa casistica:
1) Il Tribunale di Roma (sentenza 17590/2008) ha giudicato consentita l’installazione, in condominio, di alcuni cancelli metallici di sicurezza posti all’imbocco delle scale condominiali, in quanto è da «escludersi che la presenza di tali cancelli possa ritenersi limitativa del diritto di ciascun condomino»;
2) Il Tribunale di Aosta (sentenza 354/2010) ha ritenuto legittimo (ai sensi dell’articolo 1102 del Codice civile) il collegamento effettuato dal singolo condòmino di una tubazione di scarico del proprio alloggio a una linea di scarico preesistente esterna ai muri perimetrali: questo in quanto tale ipotesi «è correttamente riconducibile ad un utilizzo personale di un bene, da ritenersi di proprietà comune, inidoneo a escludere che gli altri comproprietari possano farne un uso analogo»;
3) IlTribunale Bari (sentenza 14/2/2014) ha ritenuto legittima l’installazione, richiesta da alcuni condòmini disabili, di un ascensore in uno stabile anche se dalla installazione stessa sarebbe derivato un disagio per gli altri condomini vista la conseguente restrizione delle scale comuni da questi utilizzate per accedere ai propri alloggi.
In questo caso va precisato che non vi è un sovvertimento del principio più volte richiamato che prevede che il godimento del bene comune da parte di un singolo condòmino non possa limitare il pari godimento (almeno ipotetico) degli altri, quanto piuttosto vi sono alcuni diritti, quali appunto quello esercitato dai disabili per poter usufruire di un diritto primario come la possibilità di accedere al proprio alloggio, che necessariamente devono essere tenuti in maggior considerazione rispetto ad altri.
In conclusione va ancora almeno ricordato che il diritto di uso delle parti comuni spetta a tutti i condomini in parti assolutamente eguali (salvo appunto casi come quello richiamato nella decisione del Tribunale di Bari), senza che incida in alcun modo che la quota millesimale sia maggiore o minore o che un condòmino partecipi in maggior misura rispetto ad altri al pagamento delle spese condominiali.
In altre parole, il condòmino proprietario di un vano di pochi metri quadri, avrà egual diritto di utilizzo delle parti comuni del condomino proprietario viceversa, della maggior parte degli alloggi.
Si ricorda, inoltre, che limitazioni all’utilizzo delle parti comuni (il che accade spesso per quanto riguarda la regolamentazione dei parcheggi nel cortile condominiale) possono essere posti nell’interesse di tutti i condòmini dal regolamento condominiale, il che è perfettamente valido purché non vi sia un solo singolo condòmino privato della possibilità di pari utilizzo della cosa comune.
Quale ultima considerazione, si rileva come recentemente si siano posti problemi per la regolamentazione non tanto del diritto dei condomini di utilizzare le parti comuni, quanto al contrario del diritto (si pensi al caso eclatante della richiesta di distacco dal riscaldamento centrale) di non utilizzarle più.
Fonte: Il Sole 24 Ore